ROMANIA, IL PAESE DEGLI ORSI

di Giancluca Ricci

 

Se c’è un posto dove l’orso bruno può dormire sonni relativamente tranquilli, questo è la Romania.

In particolare le inaccessibili vette dei Carpazi, per lo più disabitate, luoghi ideali per riuscire a sopravvivere senza temere per la propria vita, visto e considerato che animali predatori in grado di sopraffare un orso da quelle parti non ne esistono.

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Tuttavia quella che potrebbe essere considerata una straordinaria testimonianza di biodiversità ed equilibrio rischia di modificarsi drasticamente proprio a causa delle condizioni ottimali in cui questi plantigradi vivono e, soprattutto, si riproducono: la loro popolazione è diventata la più numerosa di tutta Europa, sia in termini assoluti che in termini relativi.

Un’accelerazione al fenomeno la impresse a suo tempo il dittatore Ceausescu, il quale, appassionato cacciatore, per evitare che qualcuno potesse disturbare le sue battute o sottrargli qualche bella preda, deliberò il divieto di caccia all’orso.

Un censimento non è oggi ufficialmente disponibile, ma è noto che gli incontri fra uomini e orsi si stanno pericolosamente moltiplicando, al punto che non esiste bosco nel Paese in cui non siano appesi agli alberi cartelli ben espliciti con i quali la guardia forestale locale mette sull’avviso gli escursionisti.

La mancanza di cibo per una colonia così numerosa ha inoltre portato alcuni tra gli esemplari più spavaldi a scendere a valle e a “invadere” ambienti antropizzati creando le prime grane con gli abitanti. Nonostante l’aumento dei contatti, alcuni dei quali, purtroppo, anche mortali, la caccia non è stata liberalizzata: per poter sparare ad un orso è necessario disporre di una speciale autorizzazione rilasciata dal Ministero dell’Ambiente, anche se le bestie libere in giro per il Paese dovrebbero essere almeno settemila.

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D’altronde la Romania, entrando a far parte dell’Unione europea, ha dovuto aderire agli specifici trattati che regolano l’attività venatoria, compresa quella contro i grandi mammiferi predatori, e dunque non può permettersi di allascare la stretta che da qualche anno viene applicata con precisione e meticolosità soprattutto nei confronti dei tanti cacciatori stranieri che pensano di poter entrare nel Paese e fare quello che desiderano.

Al momento non sono stati sviluppati strumenti adeguati per poter realizzare un censimento che permetta sia di conoscere la reale quantità degli orsi presenti sul territorio nazionale sia di monitorare i loro spostamenti in modo da prevenire eventuali attacchi contro l’uomo.

È vero che alla vista dell’essere umano l’orso reagisce per lo più scappando, ma in casi particolari – quando l’uomo è accompagnato per esempio da un cane o quando si mette in mezzo fra mamma orsa e i suoi cuccioli – attacca contando sulla sua evidente superiorità fisica. Il reale problema però non è questo: a destare maggiore preoccupazione è il lento ma inesorabile depauperamento della fauna, visto che i ritmi di riproduzione soprattutto degli ungulati non è tale da far fronte agli attacchi degli orsi e, insieme, degli uomini.

Per questo è allo studio una nuova disciplina venatoria che regoli con maggiore severità la caccia a caprioli e stambecchi e permetta di selezionare anche gli esemplari di orso considerabili in eccesso. Mantenere l’equilibrio fra la presenza umana e quella animale in generale non è semplice, lo è ancora meno se quella animale è rappresentata da bestie ingombranti (in tutti i sensi) come gli orsi.