Germania-Zollverein:una miniera di opportunità artistiche

di Gianluca Ricci 

Per decenni la Ruhr è stata una delle zone paesaggisticamente meno affascinanti e ambientalmente meno gradevoli del pianeta. La scoperta di enormi giacimenti di carbone è stata da un lato la sua fortuna, visto che ha determinato l’arricchimento e il progresso economico delle comunità che ci vivevano, ma anche la sua sfortuna, poiché l’elevato livello di inquinamento provocato dall’estrazione del combustibile fossile ha causato numerosi problemi di salute pubblica.

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Nel giro di un ventennio però la situazione è mutata: la coscienza ambientalista si è fatta sempre più forte e la convinzione che modificare le proprie abitudini per contribuire alla salvezza del pianeta sia diventata una necessità si è radicata, soprattutto nelle nuove generazioni. Da allora la produzione di carbone si è ridotta e i paesaggi della Ruhr si sono lentamente trasformati.

Smog e fuliggine sono solo un triste ricordo del passato, di quando la Germania, per rimanere fra le nazioni industrialmente più progredite, subordinava ai primati economici la vivibilità delle sue terre e il benessere dei suoi cittadini.

Oggi non è più così e a dimostrarlo è, fra tutti, il complesso industriale della miniera di carbone di Zollverein, nei pressi di Essen, ai suoi tempi l’impianto di estrazione più grande e moderno del mondo: in piena attività poteva raffinare ben 10mila tonnellate di carbone al giorno, una quantità inimmaginabile, diventata inutile nel momento della crisi dell’acciaio.

L’Unesco l’ha inserito allora all’interno della lista dei siti patrimonio dell’umanità perché già all’epoca della sua realizzazione si era imposto come un’icona dell’architettura industriale moderna. Opportunamente ristrutturato e riconvertito come solo i tedeschi sanno fare, la miniera Zeche Zollverein si è trasformata in un vivacissimo centro artistico e culturale, oltre 100 ettari un tempo dedicati alle attività minerarie sono diventati una testimonianza straordinaria dell’evoluzione dei tempi.

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L’impianto di lavaggio del carbone è oggi uno dei musei più importanti della regione, grazie alla trasformazione a cui è stato sottoposto dall’architetto Rem Koolhaas: in esso sono esposti più di seimila reperti che permettono ai visitatori, che superano ogni anno il milione e mezzo, di scoprire la storia di quella terra tormentata e di comprendere i processi di estrazione e lavorazione di uno dei combustibili più utilizzati al mondo per sviluppare l’industrializzazione.

La mostra permanente è articolata su più piani, all’interno di strutture completamente svuotate del loro significato originario e rese adatte ad acquisirne uno nuovo, oggi addirittura più remunerativo del precedente. Dopo un’introduzione multimediale sull’attività estrattiva e sul suo impatto sulle comunità della Renania settentrionale, si passa di ambiente in ambiente tra macchinari e nastri trasportatori, tutti ristrutturati per poter rendere davvero l’idea di cosa poteva essere quel complesso ai tempi del carbone.

Tappa conclusiva la piattaforma panoramica sul tetto, da cui si può ammirare l’estensione incredibile dell’impianto e la sua collocazione rispetto al territorio circostante.

Ma la struttura ospita anche spazi dedicati alla danza, alla musica, al teatro, all’arte culinaria, a tutto ciò che ha a che fare con l’arte intesa nella più pura delle sue espressioni.

Lì non si è fatto nulla per rinnegare un passato anche problematico e per certi versi, soprattutto quelli ambientali, un po’ imbarazzante, ma al contrario si è approfittato di esso per lanciarsi verso un futuro ben più radioso.