Felicità: i 9 consigli di Harvard per raggiungerla

Ovvero, le nove lezioni più seguite dagli studenti della prestigiosa università americana.Per molto tempo si è pensato che la felicità non si potesse insegnare come la matematica o la geografia … almeno fino a quando Martin Zeligman ha creato la psicologia positiva. Grazie ai suoi studi si è potuto verificare che la felicità dipende per un 50% da fattori come abitudini e convinzioni, elementi modificabili e che, soprattutto, si possono insegnare. “Il resto è genetica” dice il professor Andrés Aljure, che insegna benessere e felicità all’Università colombiana di La Sabana.

In effetti, imparare ad essere felici è possibile, e per questo molte università al mondo hanno iniziato ad introdurre lezioni, corsi e seminari sul tema. Ad Harvard esiste una Cattedra della felicità dal 2006, la più richiesta dagli studenti (anche più di Economia!). Secondo Andrés Aljure è importante imparare ad essere felici: l’aspettativa di vita è in continuo aumento, ed è importante vivere questi “anni in più'” nel miglior modo possibile. Essere felici, inoltre, previene malattie come l’ansia e la depressione, aumentando la produttività, l’ autostima e la soddisfazione personale. “Non dev’essere una moda – dice Aljure – ma un tema sociale. Va insegnata nei college e nelle Università, perchè le nuove generazioni non hanno altri luoghi dove poterla imparare”.

Ma le “Lezioni di Felicità” non sono una passeggiata: ad Harvard ci sono 22 classi magistrali di 75 minuti l’una, tenute da Tal Ben-Shahar, uno dei massimi guru del tema. L’obiettivo è insegnare ad avere una vita produttiva e soddisfacente:  non uscire dalla classe con un sorriso enorme stampato in faccia, ma imparare ad affrontare la vita, nel bene e nel male, traendo profitto e positività da ogni situazione. In nessuna delle lezioni di Tal Ben-Shahar si affronta il tema “denaro”, per una semplice ragione: secondo Aljure una volta appreso come soddisfare le proprie necessità basiche in modo assolutamente soddisfacente, il denaro smette di essere importante. La felicità che si prova – ad esempio – dopo aver acquistato un’auto nuova, scema entro un mese: i cambi che porta il denaro sono temporanei, mai radicali o permanenti.

Felicità

Ecco quindi i 9 consigli del Maestro: 

La felicita’ e’ nella nostra mente: il nostro livello di benessere dipende dall’interpretazione che ognuno di noi agli eventi esterni. Secondo Aljure “Il 10% della nostra felicità dipende da ciò che ci accade, ma il 90% dipende da come affrontiamo questi eventi. Si deve essere coscienti del fatto che non possiamo controllare tutto, come ad esempio l’affrontare un lutto, ma possiamo scegliere l’alternativa migliore per affrontarlo. Sapere di avere questa possibilità di scelta è la chiave per affrontare le avversità.

Essere grati: l’essere umano si adatta a qualunque cosa, sia negativa che positiva. L’essere grati porta benefici immensi, perchè vuol dire saper riconoscere cose positive che altri danno per scontate. Secondo lo psicologo Ariel Alarcón, è provato che ringraziare apertamente le persone, genera alti livelli di benessere, derivanti dall’empatia che si genera grazie alla generosità dell’altro. Zeligman raccomanda, inoltre di scegliere, prima di andare a dormire, il momento più bello della giornata.

Fare esercizio: gli studi confermano che 20 minuti di esercizio al giorno equivalgono ad una dose di qualunque antidepressivo farmacologico. Questo perchè durante l’attività fisica il cervello secerne le endorfine, oppiacei naturali che danno la sensazione di calma, benessere e tranquillità.. L’esercizio non dev’essere duro, intenso o da palestra, basta una camminata a buon passo per 20-30 minuti.

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Coltivare le amicizie: mantenere almeno cinque amicizie durature alza del 60% le possibilità di vivere felici. “Gli amici aiutano nei momenti difficili e di sfogo: così facendo le emozioni negative si riducono, ed allo steso tempo il cervello si struttura per capire meglio la situazione”. La condivisione di un problema fa capire come non si sia gli unici ad averne, e quindi ad accettare consigli su come affrontarlo nel modo migliore.

Porsi una meta: una meta, un progetto, un sogno che dia senso alla giornata, alla settimana, al mese, funziona da motore interno, che permette di superare qualunque tipo di ostacolo. Secondo i recenti studi le persone felici, ma senza un progetto, hanno gli stessi problemi di salute di chi soffre di malesseri cronici.

La Semplicità: la vita dev’essere semplice! Non è salutare programmare più attività  (lavorative e non) di quante si potranno portare a termine, nè vivere troppo lontano dal posto di lavoro o rimuginare sui problemi: la premessa di Tal Ben-Shahar è “la quantità danneggia la qualità”, e raccomanda semplicità in casa ed al lavoro. Importante creasi una lista di priorità.

Meditare: la miglior pratica millenaria per ridurre lo stress negativo, rilassare, rigenerare la pace interiore e l’energia del corpo. Aiuta la mente ad affrontare gli eventi quotidiani. A lungo termine chi medita sa affrontare meglio gli ostacoli, perchè “Vede – spiega Laura Álvarez, direttrice di Happy Yoga – il rumore generato dai problemi altrui, e vedere questo rumore è il primo, fondamentale passo per zittirlo. Quando si medita regolarmente questo rumore si trasforma in spazio di silenzio e pace”.

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Siamo Umani, permettiamocelo: tutte le emozioni, sia negative (come l’ira o la tristezza) hanno uno scopo. Per questo va bene che ci siano. E’ però fondamentale essere empatici verso se stessi: accettare le proprie debolezze, i punti di forza ed eliminare il giudizio. Commettere errori non è sbagliato se li si vede come forma di apprendimento. “Le persone più infelici sono quelle che pretendono la perfezione da tutto e tutti” commenta Aljure.

Tornare alla fonte: L’elasticità in questo caso vuol dire riuscire a riprendersi dopo l’impatto di un evento traumatico. Ciò implica una crescita post-traumatica, cioè proseguire con la propria vita però più forti e consapevoli. Per riuscirci bisogna essere prima di tutto consapevoli che il fallimento è una possibilità. Come dice Tal Ben-Shahar durante le sue classi: “non dobbiamo pensare ‘mi è successo questo per il mio bene’, ma ‘che cosa di buono posso trarre da ciò che mi è capitato? ‘.